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Dal Rapporto Caritas: “Serve un Piano pluriennale che incrementi progressivamente le risorse e l’utenza, arrivando nel 2020 a stanziare i 7 miliardi di euro necessari per rivolgersi a tutta la popolazione povera”.

Dall’inizio della crisi a oggi la povertà assoluta è aumentata in maniera esponenziale: le persone che non avevano le risorse economiche necessarie per vivere in maniera minimamente accettabile sono passate da 1,8 milioni (ovvero il 3,1% del totale) nel 2007 a 4,6 milioni nel 2015 (7,6 per cento).

 

In questi anni la povertà assoluta si è radicata nei segmenti della popolazione in cui già in passato era più presente (il sud, le famiglie con anziani, i nuclei con almeno 3 figli minori e quelli senza componenti occupati) ma è aumentata in altri ritenuti meno vulnerabili (il centro-nord, le famiglie giovani, i nuclei con 1 o 2 figli minori e quelli con componenti occupati). “Nonostante ciò il nostro Paese resta, unico in Europa insieme alla Grecia, ancora privo di una misura nazionale universalistica contro la povertà assoluta rivolta a chiunque si trovi in questa condizione, misura chiesta da più parti sin dagli anni Novanta senza trovare ascolto da nessuno dei governi susseguitisi nel tempo”, si legge nel Rapporto 2016 sulle politiche contro la povertà in Italia pubblicato da Caritas Italiana.

 

“Il governo attuale ha avuto l’indubbio merito di scardinare lo storico disinteresse della politica italiana nei confronti della povertà, ma ora è il tempo delle scelte concrete – scrive Caritas –. Occorre affrontare la sfida di un progetto di welfare dedicato ai più deboli, del percorso per realizzarlo e di come ci immaginiamo le politiche sociali del nostro Paese ora e negli anni a venire”. Ecco perché nel documento, e con il supporto di studiosi come Cristiano Gori dell’Università di Trento, Alessandro Martelli dell’Università di Bologna, Lorenzo Lusignoli della Cisl e Chiara Agostini di Percorsi di secondo welfare, si chiede “un Piano pluriennale, connotato secondo le caratteristiche suggerite dall’Allenza contro la povertà, che incrementi progressivamente le risorse e quindi l’utenza, arrivando nel 2020 a stanziare i 7 miliardi necessari per rivolgersi al totale della popolazione povera”.

 

La Legge di stabilità 2016 ha segnato una discontinuità rispetto al passato: sono stati stanziati 600 milioni di euro in più per il 2016 e 1 miliardo a partire dal 2017 ed è stata prevista la presentazione di un disegno di legge delega per la complessiva riforma del settore che porterà all’introduzione del Reddito di inclusione (Rei). Al momento i nuovi stanziamenti finanziano 2 misure transitorie: il Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) e l’Assegno per la disoccupazione (Asdi) che, nel corso del 2017, saranno assorbite nel Rei. Il disegno di legge delega, presentato dal governo a febbraio, è stato discusso alla Camera e ora è all’esame del Senato. “In attesa della riforma, le realtà del welfare locale si confrontano con le misure transitorie – si legge nel Rapporto – L’avvio del Sia è impegnativo perché richiede modalità di lavoro nuove, basate sulla collaborazione interistituzionale e la costruzione di reti tra soggetti territoriali per la presa in carico delle persone in povertà. Bisogna trasformare queste fatiche in un’occasione per costruire un nuovo sistema di welfare rivolto ai poveri”. E l’unico modo “è renderle sin da subito parte di un Piano pluriennale di sviluppo”.

 

La discussone sulla legge delega entra nella sua fase conclusiva e dovranno essere prese le decisioni riguardanti la Legge di bilancio e il Piano nazionale contro la povertà, cioè lo strumento che indicherà l’ampliamento dell’utenza del Rei previsto nei prossimi anni e le azioni da compiere per accompagnare l’introduzione nei territori. “La prossima legge di stabilità dovrebbe incrementare di altri 500 milioni di euro il miliardo già reso disponibile a partire dal 2017 – si legge nel Rapporto – Considerate le misure già esistenti per i poveri, si dovrebbe arrivare a 2 miliardi di euro complessivi, con cui si potrà intercettare solo una quota della popolazione indigente certamente inferiore al 35% del totale. Il governo non ha sinora palesato le proprie intenzioni in riferimento a eventuali azioni previste dal 2018 in avanti”. Il vero discrimine però non consiste nello stanziare più risorse nell’immediato ma, continua Caritas, “avviare un progetto di cambiamento pluriennale credibile, come richiesto dall’Allenza contro la povertà perché la qualità della riforma non si giudica dall’entità degli stanziamenti per il prossimo anno ma dalla capacità di costruire un progetto concreto di cambiamento che porti a radicare entro il 2020 un sistema di welfare rivolto ai più deboli e adeguato al contesto italiano”.

 

La riforma del governo va completata “con la progressiva estensione del Rei a tutti gli indigenti e accompagnandola da un investimento pluriennale sulla dimensione realizzativa che sostenga gli attori del welfare locale nella definizione di un adeguato sistema di risposte”. E il Piano pluriennale è “l’unica strada percorribile”, secondo Caritas. “Concentrare lo sguardo solo sulle risorse previste dalla Legge di bilancio per il 2017 svilirebbe la portata di ciò che si deciderà e delle sue implicazioni per i poveri del nostro Paese – prosegue – L’interrogativo su cui confrontarsi nelle prossime settimane non è ‘quanti soldi in più ci saranno nel 2017, ma ‘quale progetto vogliamo costruire per un nuovo welfare rivolto ai poveri?’”.

 

Se vuoi clicca per scaricare il testo completo del Rapporto 2016 della Caritas sulla Povertà in Italia.

 

(Fonte: © Copyright Redattore Sociale)